Sentiero Italia: da Bojano (gps 41.485072, 14.471245) a Campitello (gps 41.462324, 14.392281)
Lunghezza del percorso km 16,1; guadagno/perdita in elevazione 1.857 / – 909 metri; quota massima 1.729 metri, quota minima 481 metri.
Centri attraversati: Bojano, Civita di Bojano, Campitello.
Pranzo: rifugio Jezza (0874 784188)
14 settembre. Stamattina siamo partiti che era ancora buio perché ci aspetta una bella tappa di montagna, forse la più tosta del cammino. Si sale. Dopo un pezzo sulla rotabile, entriamo nel bosco appena illuminato dal chiarore dell’alba e raggiungiamo Civita di Bojano, appollaiata sulla montagna a 700 metri. Fondata dai Normanni nell’XI secolo ha mantenuto anche successivamente la funzione di presidio fortificato per il controllo della piana sottostante.
Passiamo sotto la rocca aggirando alla base monte Crocella per puntare verso la meta intermedia dell’eremo-rifugio di Sant’Egidio. Procediamo spediti grazie al fresco del primo mattino e alla dolcezza della salita. Ad un certo punto la traccia che sto seguendo, elaborata dagli amici del CAI (Club Alpino Italiano) locale, mi indica una direzione che ritengo impraticabile per due anzianotti sotto il peso di uno zaino: scendere per alcune centinaia di metri in un avvallamento con una inclinazione spaventosa e risalire l’altro versante con una ripidità dello stesso tipo. E’ troppo per le nostre ginocchia, ma anche rischioso. Sembrerebbe finita qui la nostra tappa. Un veloce studio delle carte con l’osservazione del territorio aprono la possibilità di aggiramento dell’ostacolo allungando il percorso di un paio di km. E così percorriamo questo semicerchio che ci porta al punto desiderato, da dove con un andamento sinuoso in salita giungiamo finalmente all’eremo di Sant’Egidio.
Dieci minuti di meritato riposo e poi si continua a salire. Procediamo faticosamente in una faggeta dalla ripidità bestiale: in un’ora riusciamo a fare un solo km. In salite prolungate di questo tipo ci si svuota: la perdita di liquidi del corpo fa il paio con lo svuotamento della mente; ogni pensiero passa e si abita il vuoto. Una radura assolata che compare all’improvviso dopo il superamento della faggeta è una sorta di rivelazione, direbbe l’Heidegger di “Sentieri Interrotti” una manifestazione dell’Essere. Ma la radura è stata un attimo. Si riprende faticosamente a salire fino a giungere al monte Acerone.
Gli spazi si fanno più larghi, la vista si diffonde, cambia il paesaggio, ora domina la prateria tipica delle altitudini. Troviamo uno spazio esposto e panoramico e rimaniamo seduti in silenzio per un quarto d’ora a contemplare. La mente è svuotata, non circolano pensieri, fai l’esperienza della piena adesione della tua profondità col tutto che ti avvolge. La contemplazione è contemporaneamente un abitare il vuoto e il pieno. E per alcuni attimi godi di questa esperienza estatica.
Al risveglio consideravo la verità di alcune espressioni di Nietzsche che era un grande scalatore di montagne. Nel racconto Il Viandante dice: ” Quando ti mancheranno tutte le scale, devi saper salire sopra la tua testa: come altrimenti pretenderesti di salire in alto? Sulla tua testa e scavalcando il tuo cuore! … Imparare a non vedere in dipendenza da quel che siamo è necessario per vedere molto: questa durezza è necessaria ad ogni scalatore“.
Siamo ormai prossimi alla meta. Dopo aver attraversato in discesa un fitto bosco, ci compare in tutta la sua vastità la piana di Campitello col monte Miletto che svetta alle sue spalle. Abbiamo camminato sette ore. Siamo esausti e quindi possiamo gratificarci con una bella birra ghiacciata, la migliore consolazione del camminatore che oltre a soddisfare il gusto con la sua frizzantezza, contenendo una buona dose di vitamine e sali minerali è il miglior integratore energetico.