un dialogo laico sul sacro con un filosofo di strada nonviolento camminando sulla via francigena-micaelica
Sono convinto che la spiritualità appartenga ad ogni individuo ed essa non è necessariamente connotata di religiosità.
Sebbene nella società dell’apparire, della superficialità e banalità delle parole, dell’inseguimento delle mode passeggere, oggi non sia una pratica molto diffusa, le donne e gli uomini continuano ad interrogarsi sul senso di sé e del mondo in cui vivono. Ricercano questo senso con la mente e col cuore, un senso che aiuta a scoprire le proprie potenzialità in modo da farle diventare autentica vita vissuta. E’ indubbio che chi si pone con un minimo di serietà di fronte alla vita – nel senso che decide di non affogarla nella corsa ai miti del denaro, del potere, dell’utilità, delle soddisfazioni pulsionali – sia animato da un impulso originario che coincide con quella fame di senso, con quella apertura spirituale verso orizzonti in grado di dare un senso unitario alla propria biografia.
Mi spingerei ancora oltre affermando che la spiritualità, appartenente ad ogni individuo, è la dimensione in cui si coglie il senso del mistero. Un filosofo francese certamente non inquadrabile in una scelta religiosa, Georges Bataille, sosteneva che la spiritualità autentica è la volontà di divenire preda dell’ignoto. Forse qui passa il confine tra una spiritualità e la religiosità – che è cosa diversa dalla “religione” caratterizzata dal senso di appartenenza ad un gruppo (chiesa), che ha credenze condivise (Dio trascendente, verità rivelate, dogmi, …) e pratiche definite (riti) -. La religiosità si caratterizza per una propensione ad ammettere e a sintonizzarsi con una qualche forma di divino, di sacro nel mondo, in particolare nella natura. E’ quell’esperienza di una realtà totalmente diversa rispetto alla quale ci si sente radicalmente inferiori, se ne subisce l’azione e se ne resta atterriti e insieme affascinati.
Mi affascina la ricerca di questo confine tra spiritualità e religiosità, ricerca – ribadisco – che può esser fatta da tutti perché non necessita di alcuna scelta di fede o credenza in un qualsivoglia dio trascendente e tantomeno dell’appartenenza ad una chiesa o qualsivoglia gruppo aderente ad una religione.
Ogni ricerca è stimolata da domande. Cerco di formularne alcune.
La mia esperienza si rivolge o all’interiorità (Io) o all’esterno (mondo/natura). Ci sono aspetti del mio Io o della Natura avvolti nel mistero, che mi provocano apprensione se non timore, paura; ma nello stesso tempo, anche attrazione. Un sentimento ambivalente. Come spiegare il sentimento di attrazione verso qualcosa che genera terrore? Gli aspetti del proprio Io che attraggono e spaventano potrebbe coincidere con quello sfondo pre-umano fatto di istinti e pulsioni che abita ognuno di noi? Con il complesso mondo delle emozioni affascinanti ed estatiche quando aprono sull’altamente significativo, terribili quando ci catturano in reazioni quasi istintive? Gli aspetti della Natura che spaventano/attraggono potrebbero avere a che fare con quella morte che è parte integrante della vita della natura?
Constatiamo che la nostra vita è costantemente animata dal desiderio, da aspirazioni, dal guardare sempre avanti: come spiegarci questo orientamento fiducioso verso il futuro pur essendo consapevoli della fugacità della nostra esistenza?
Come spiegarci lo stupore di fronte al miracolo della creatività incessante della Natura, della forza insita nella natura grazie alla quale essa continuamente si rigenera (risorge)?
Quali sono le nostre reazioni quando consideriamo l’infinitamente grande della Natura (le immense distanze astronomiche dell’universo) o l’infinitamente piccolo del mondo atomistico? O la complessità inimmaginabile della vita di una semplice cellula?
Sentiamo di essere più di quello di cui riusciamo ad avere consapevolezza: come è possibile che abbia l’esigenza di incondizionatezza se sperimento costantemente vincoli (personali e sociali) che l’esistere giocoforza mi impone? Come è possibile che abbia il desiderio della libertà assoluta se riesco a sperimentare solo piccole e limitate libertà, sempre condizionate?
Le domande spingono verso un “oltre” – da non intendersi necessariamente come realtà extramondana – che costituisca il fondamento di ciò che sono. La tradizione ha usato tanti nomi per indicare il fondamento: Spirito, Assoluto, Tao, Nulla, Dio, Uno, Trascendenza, Principio … Potrebbe esserci un “termine” univoco a cui far riferimento? Un’esperienza che non rinvii ad un altro mondo, ma che sia di questo mondo: una trascendenza immanente?
La razionalità scientifica è uno strumento adeguato per viaggiare tra queste esperienze? O forse occorrerebbe una “razionalità alogica”? Dobbiamo ricorrere alla fede delle religioni che pretende di parlare di una trascendenza separata da questo mondo, o piuttosto ad una fede che abbia a che fare con una trascendenza mondana, una trascendenza immanente?
Queste riflessioni/meditazioni si risolvono solo in una bella interiorità o possono costituire la motivazione profonda di un convinto impegno politico per la decrescita contro il modello della crescita illimitata, per la giustizia contro il modello del possesso e della prevaricazione, per l’ecologia contro il modello dello sfruttamento ed inquinamento della natura?
Seguendo Nietzsche che sosteneva che i migliori pensieri gli sono sempre venuti camminando, ho pensato di ripercorrere in sei giorni la via francigena-micaelica – 130 km da Celle San Vito a Monte Sant’Angelo – per riordinare vecchi pensieri e recenti intuizioni. Mi piacerebbe che questa ricerca fosse corale nel senso di farla insieme ad amici che volessero accompagnarmi nel cammino e con cui confrontarmi in un dialogo profondo e rispettoso. Chi vuole può condividere tutte le tappe del cammino o parteciparne solo a qualcuna. Sarebbe interessante continuare il confronto la sera a fine tappa nei paesi in cui mi fermerò anche con altri amici non camminatori. Pertanto mi rendo disponibile ad animare dei dialoghi filosofici sulle questioni che verranno poste; chiedo solo a chi intende accogliere questa mia proposta di trovare un luogo nei suddetti paesi dove poter discutere con serenità.
Questo il calendario delle tappe per chi vuole camminare insieme a me:
Sono disponibile ad animare dialoghi filosofici nei seguenti centri a patto che gli organizzatori trovino un luogo che possa accogliere un piccolo gruppo:
(essere 0 – continua)
“Siamo re che credono di essere mendicanti – prede del nulla. Quindi mendichiamo la salvezza dal nulla presso un Dio, o presso la Tecnica. E non sappiamo di essere re. Essere re vuol dire: siamo l’eterno apparire dell’eternità di tutte le cose. Ognuno di noi è questa dimensione che è più che esser Dio: ognuno di noi, che crede di essere mendicante, è (e in quanto mendicante non lo sa) l’eterno apparire dell’eternità di tutte le cose.[…] Noi non siamo semplicemente ‘superuomini’, siamo superdei” (Emanuele Severino, Che cosa vuol dire morire)