Via Francigena-Micaelica: da Celle San Vito (41.32506, 15.18116) a Troia (41.36209, 15.31026)
Lunghezza del percorso km 17; guadagno/perdita in elevazione 410 / – 700 metri; quota massima: 875 metri, quota minima 325 metri.
Pernotto: B&B Il Vicoletto (347 229 2963)
5 settembre. Sono convinto che la spiritualità appartenga ad ogni individuo ed essa non è necessariamente connotata di religiosità. Sebbene nella società dell’apparire, della superficialità e banalità delle parole, dell’inseguimento delle mode passeggere, oggi non sia una pratica molto diffusa, le donne e gli uomini continuano ad interrogarsi sul senso di sé e del mondo in cui vivono. Ricercano questo senso con la mente e col cuore, un senso che aiuta a scoprire le proprie potenzialità in modo da farle diventare autentica vita vissuta. E’ indubbio che chi si pone con un minimo di serietà di fronte alla vita – nel senso che decide di non affogarla nella corsa ai miti del denaro, del potere, dell’utilità, delle soddisfazioni pulsionali – sia animato da un impulso originario che coincide con quella fame di senso, con quella apertura spirituale verso orizzonti in grado di dare un senso unitario alla propria biografia.
Mi spingerei ancora oltre affermando che la spiritualità, appartenente ad ogni individuo, è la dimensione in cui si coglie il senso del mistero. Un filosofo francese certamente non inquadrabile in una scelta religiosa, Georges Bataille, sosteneva che la spiritualità autentica è la volontà di divenire preda dell’ignoto. Forse qui passa il confine tra una spiritualità e la religiosità – che è cosa diversa dalla religione caratterizzata dal senso di appartenenza ad un gruppo (chiesa), che ha credenze condivise (Dio trascendente, verità rivelate, dogmi, …) e pratiche definite (riti) -. La religiosità si caratterizza per una propensione ad ammettere e a sintonizzarsi con una qualche forma di divino, di sacro nel mondo, in particolare nella natura. E’ quell’esperienza di una realtà totalmente diversa rispetto alla quale ci si sente radicalmente inferiori, se ne subisce l’azione e se ne resta atterriti e insieme affascinati.
Mi affascina la ricerca di questo confine tra spiritualità e religiosità, ricerca – ribadisco – che può esser fatta da tutti perché non necessita di alcuna scelta di fede o credenza in un qualsivoglia dio trascendente e tantomeno dell’appartenenza ad una chiesa o qualsivoglia gruppo aderente ad una religione.
Seguendo Nietzsche che sosteneva che i migliori pensieri gli sono sempre venuti camminando, ho pensato di ripercorrere in sei giorni la via Francigena-Micaelica – 130 km da Celle San Vito a Monte Sant’Angelo – per riordinare vecchi pensieri e recenti intuizioni. La via Francigena-Micaelica è la strada che hanno percorso nei secoli migliaia di persone provenienti dai luoghi più disparati dell’Europa per raggiungere la Grotta dove la tradizione colloca l’apparizione dell’Arcangelo Michele.
“Terribilis est locus iste” è la scritta che appare sul portale d’ingresso alla grotta, terribilis perché di fronte ad un luogo che ha a che fare con presenze ed eventi non riconducibili alla nostra esperienza reagiamo con lo spavento e il timore.
Sono disorientato di fronte a qualcosa che non rientra in quel perimetro, in cui abitualmente mi muovo, dove ho a che fare con persone, cose, eventi che mi sono familiari. La prima reazione è di difesa e protezione: mettere distanza tra me e l’ignoto. Ma avverto anche un’attrazione verso questo ignoto come se avesse qualcosa di familiare che però non riesco a decifrare. Un sentimento ambivalente di repulsione/attrazione: l’orrore e il raccapriccio per l’inconsueto e lo straordinario insieme all’ammaliamento che mi rapisce misteriosamente fino all’ebbrezza e allo smarrimento. Cosa potrebbe provocare l’attrazione? Il desiderio del ritorno ad una condizione originaria da cui sono stato separato, come racconta Platone nel mito delle metà?
Questo sentimento ambivalente di timore e attrazione è quello che gli studiosi registrano come reazione dell’uomo di fronte al sacro. Il sacro può essere totalmente slegato dall’idea di Dio: in ogni società umana c’è la credenza in una forza trascendente che al tempo stesso impone e proibisce, ma che può non esser legata all’esistenza di un’entità sovrannaturale. L’esperienza del sacro precede ogni religione ed ogni qualsivoglia divinità. Nelle manifestazioni primitive il sacro ha a che fare col mondo degli istinti e delle pulsioni, con la sessualità selvaggia, con i mostri, i morti, i demoni, con quel nucleo di follia che ognuno di noi avverte dentro di sé, con tutto ciò che sfugge alla logica della ragione. Etimologicamente la parola sacro ha il significato di separato: dal sacro ci si tiene lontani perché lo si teme, ma allo stesso tempo se ne è anche affascinati nel senso di sentirsi attratti da ciò che poteva essere una condizione originaria in cui eravamo avvolti.
Le religioni nascono successivamente per gestire, appunto, il sentimento ambivalente prodotto dall’incontro col sacro: devono recingere, tenendola in sé raccolta (re-legere), l’area del sacro, in modo da garantirne la separazione e il contatto.
Come spiegare il sentimento di attrazione verso qualcosa che genera terrore?
Potrebbe essere che siamo attratti da qualcosa a cui originariamente eravamo uniti?
Potremmo interpretarlo come la nostalgia della fusione dell’individuo con il tutto, come quel sentimento oceanico di cui parlava Freud che lui interpretava come lo stato in cui l’Io non si è ancora separato dall’Inconscio?
La dimensione che ci attrae e spaventa potrebbe coincidere con quello sfondo pre-umano fatto di istinti e pulsioni che ci abita, con la confusione dell’indifferenziato dove una cosa è questo e quello, con l’amoralità del nostro inconscio abitato dalla follia da cui l’uomo si è emancipato con la ragione?
Questa dimensione è accessibile alla razionalità ordinaria?
(essere 1 – continua)
Usciti da Celle San Vito, si sale verso la località “La Montagna” dove si incrocia l’antica via romana “Traianea”; di qui si scende verso Monte Buccolo, e si prosegue in direzione di Monte Santa Trinità. Si devia a sinistra in direzione del fiume Celone intercettando una sterrata che per un piccolo tratto costeggia il fiume e poi continua in direzione di Monte Taverna, Serra dei gatti, Toppo San Giacomo e quindi Troia.