Via Francigena-Micaelica: da Troia (41.36209, 15.31026) a Lucera (41.50817, 15.33526)
Lunghezza del percorso km 21; guadagno/perdita in elevazione 375 / – 630 metri; quota massima: 410 metri, quota minima 166 metri.
Pernotto: B&B La Maison Rosa Stella (338 402 3452)
6 settembre. Di frequente nel nostro vivere facciamo l’esperienza della mancanza, ovvero sentiamo di aspirare a qualcosa di completo, di soddisfacente; avvertiamo una tensione che ci proietta “oltre”, una tensione che permane anche quando l’oggetto della nostra meta viene raggiunto facendoci sperimentare per un attimo una sensazione di completezza che poi all’improvviso si perde.
La tensione verso l’oltre – che possiamo definire trascendenza – caratterizza il nostro esistere, incomprensibilmente. Infatti sebbene siamo consapevoli della precarietà e finitezza della nostra vita – consapevolezza che diventa sempre maggiore col passare degli anni, con l’insorgere di malattie e debolezze del corpo, col pessimismo che si consolida considerando l’andamento del mondo – , perché continuiamo a vivere e ad orientarci fiduciosi verso il futuro? Continuiamo a progettare come se avessimo un’eternità davanti. Cosa motiva questa tensione fiduciosa verso il futuro? E’ solo un modo per esorcizzare la fugacità ed irreversibilità del tempo?
A volte ho l’impressione che il “mondo” da cui provengo sia molto più vasto – e sconosciuto – del mondo della mia esperienza. Possiamo avere, a volte, percezioni di visioni di qualcosa che è anteriore alla mia presenza nel mondo. Questa incomprensibile reminiscenza possiamo semplicemente spiegarla con quelle aperture del nostro Io cosciente sul vasto mondo dell’inconscio, personale e collettivo, che ci abita?
Sento di essere più di quello di cui riesco ad avere consapevolezza. Come è possibile che abbia l’esigenza di incondizionatezza se sperimento costantemente vincoli (personali e sociali) che l’esistere giocoforza mi impone? Come è possibile che abbia il desiderio della libertà assoluta se riesco a sperimentare solo piccole e limitate libertà, sempre condizionate?
Vivo delle esperienze in cui tocco con mano l’incapacità e l’infinita piccolezza della mia mente; a queste esperienze, che possono far presagire un “oltre”, riesco a rispondere solo con la meraviglia seguita da un raccoglimento silenzioso. E’ ciò che avviene quando impattiamo col senso dell’incommensurabile: di fronte all’infinitamente grande degli spazi e dei tempi dell’universo, o all’infinitamente piccolo degli spazi atomici, sperimentiamo l’incapacità della mente di contenere questi infiniti; non riusciamo a fare altro che affidarci al sentimento che ci aiuta ad abitare in queste immensità. Avvertiamo la medesima sensazione quando consideriamo la complessità di un organismo: se pensiamo alle migliaia di reazioni chimiche di cui vive una semplice cellula non possiamo far altro che contemplare stupiti questo microcosmo infinitamente più complesso del cosmo che come un infinitesimo la contiene.
L’esperienza del bello che accompagna piacevolmente la nostra vita: perché sentiamo che il bello, benché manifesto dalle cose e dalle persone, non riesca ad essere contenuto interamente in esse?
Per quanto possiamo impegnarci nel nostro pensare e nel nostro fare, constatiamo che il prodotto del nostro impegno rimane sempre caratterizzato da una imperfezione, manca qualcosa. Proviamo, potente, l’esigenza del completamento, l’esigenza di riunione a qualcosa che è separato. E’ come se fossimo tesi verso un’unità per completare il nostro particolare modo d’essere. Che cos’è questa tensione? Dobbiamo mantenerla per continuare ad alimentare il desiderio o dobbiamo affrettarci a trovarle una meta raggiungibile per placarla?
Non riusciamo mai a possedere compiutamente ed univocamente la verità; la sperimentiamo, forse, solo per brevi attimi (nel puntuale godimento estetico, nel lampo di un pensiero faticosamente cercato, nel fugace istante del supremo accordo tra due individui, …). Che significa questa costante tensione verso la verità? Dobbiamo mantenerla viva o spegnerla con una “verità” parziale ma conquistata?
Eraclito scriveva che l’essenza della vita è nella lotta tra poli opposti che non si annientano tra loro ma coesistono nell’unità. In effetti sperimentiamo costantemente questa dinamica nella nostra esistenza: scegliere un polo o l’altro sarebbe per noi riduttivo (c’è sempre qualcosa dell’altro polo che ci manca per sentirci completi); ed allora manteniamo una tensione tra i due poli grazie alla quale si aprono spiragli per essere autenticamente se stessi. Abbiamo l’istinto di affermare la nostra libertà, ma sentiamo che, qualora lo facessimo prescindendo da quella dell’altro, ci sentiremmo incompleti. Ed allora la nostra vita procede tra l’istinto della sfida e quello della resa, ed in questa tensione la mia possibilità riesce a coniugarsi con quella dell’altro. Sentire l’alienazione di una vita ripetitiva è importante perché costituisce la molla per la realizzazione della vita piena: ed allora la tensione tra il “non sentirsi se stessi” e “l’essere se stessi” deve essere sempre mantenuta per alimentare la spinta verso la realizzazione di sé. La vita vissuta nella precisione, nell’ordine, nella sicurezza non ci soddisfa perché manca il brio del rischio, della passione; ed allora la legge del giorno non può fare a meno della passione della notte ed è in questa costante tensione che la vita diventa piena. Siamo gelosi e difensori della nostra singolarità ma aspiriamo alla comunicazione con le altre singolarità: ed allora la tensione con le altre singolarità ci da l’impressione di vivere una vita più completa.
(precedente – essere 2 – continua)
Dal centro di Troia si scende nella piana sottostante (località Lavinaro) procedendo in direzione dei torrenti Torremagna e Celone; attraversato il ponte su quest’ultimo si raggiunge Serra Traversa. Di qui si procede in direzione Ripe di Suonno per incrociare il facile guado del torrente Vulgano. Si continua procedendo su sterrata in direzione NE fino a raggiungere Lucera.