Via Peuceta: da Gravina di Puglia (40.81668, 16.41705) a Picciano (40.69906, 16.47176)
Lunghezza del percorso km 30; guadagno/perdita in elevazione +762 / -691 metri; quota massima 463 metri, quota minima 267 metri.
Pernotto e cena: Monastero di Picciano (350 533 7926)
31 marzo. Così come la sviluppa Gandhi, la nonviolenza è un’azione eminentemente etica che ha profonde ripercussioni politiche. Ci sono studiosi, invece, che sottolineano l’efficacia tecnica della nonviolenza al di là delle convinzioni personali che può avere chi la pratica.
Se un potere è forte fintanto che viene alimentato dalle sue fonti attraverso il consenso dell’obbedienza volontaria, basta ritirare l’obbedienza ad esso per farlo crollare. L’obbedienza si ritira rifiutando di compiere determinate azioni o compiendone di inusuali oppure di proibite. Per compiere questi atti di omissione o di esecuzione si usano delle tecniche che possono essere di protesta e persuasione o di non-collaborazione.
Il metodo nonviolento diventa una sorta di jiu-jitsu politico, l’arte di difesa giapponese secondo cui “il morbido vince il duro”, nel senso che non ci si oppone all’attacco dell’avversario, ma si cerca di uscire dalla sua linea d’azione provocandone lo sbilanciamento ad opera della sua stessa forza. Maggiore è la violenza dell’avversario a cui si risponde con la nonviolenza, più probabile è la perdita del suo equilibrio e quindi il suo indebolimento.
In genere una lotta nonviolenta per essere vittoriosa deve usare la coercizione nonviolenta ottenuta con la non-collaborazione e la disobbedienza civile. Come ogni metodo di lotta, anche la nonviolenza può fallire. Però, molto spesso, il fallimento è da addebitare alla improvvisazione nella preparazione e condotta della lotta nonviolenta, alla mancanza di una leadership capace, al mancato addestramento dei partecipanti.
Così sintetizza Sharp, uno dei massimi studiosi della tecnica nonviolenta, principi e caratteri dell’azione politica nonviolenta: “ a) L’azione nonviolenta non ha nulla a che fare con la passività, la sottomissione, la codardia; b) L’azione nonviolenta non è semplicemente una persuasione verbale o puramente psicologica; essa è una sanzione ed un metodo di lotta che comporta l’uso del potere sociale, economico e politico; c) L’azione nonviolenta non si basa sul presupposto che l’uomo è fondamentalmente buono, ma riconosce le potenzialità umane sia al “bene” che al “male”; d) Coloro che praticano l’azione nonviolenta non sono necessariamente pacifisti o santi; l’azione nonviolenta è praticata per lo più da gente qualsiasi che la sceglie perché risulta un metodo di azione efficace; e) Il successo di un’azione nonviolenta non richiede necessariamente basi e principi comuni tra i gruppi in lotta; f) L’azione nonviolenta non si basa sul presupposto che l’avversario si astenga dall’uso della violenza contro i nonviolenti.”
Ed Erica Chenoweth, una delle più accreditate studiose della resistenza nonviolenta, sintetizza così i cinque concetti che caratterizzano la resistenza civile: ” 1) La resistenza civile è un’alternativa realistica e più efficace alla resistenza violenta nella maggior parte dei contesti. La resistenza civile non ha nulla a che fare con l’essere gentili o educati, ma fa riferimento alla resistenza radicata nell’azione comunitaria. Significa ribellarsi e costruire alternative nuove attraverso l’utilizzo di metodi che siano più inclusivi ed efficaci della violenza; 2) La resistenza civile non agisce toccando il cuore dell’avversario, ma generando defezioni nella base di supporto del suo potere; 3) La resistenza civile implica molto di più della semplice protesta, include metodi di non cooperazione, come gli scioperi, e la creazione di nuove realtà, come le organizzazioni di mutuo soccorso o sistemi economici e gruppi politici alternativi, permettendo alla gente di sperimentare una vita diversa sotto un nuovo sistema; 4) Nel corso degli ultimi cento anni la resistenza civile si è dimostrata molto più efficace rispetto alla resistenza armata, sia nell’introdurre importanti cambiamenti nel tessuto sociale sia nel promuovere il processo di democratizzazione, e lo ha fatto senza causare nel frattempo crisi umanitarie a lungo termine; 5) Anche se la resistenza nonviolenta non ha sempre successo, funziona molto meglio di quanto i suoi detrattori vogliano farvi credere”.
(precedente – nonviolenza 4 – continua)
Uscendo da Gravina, attraverso un sentiero acciottolato in salita, si raggiunge la collina di Botromagno, luogo del primo insediamento umano nell’età Neolitica nell’area. La discesa offre la visione di paesaggi panoramici. Si sale successivamente verso la collina su cui si estende il Bosco Difesa Grande all’interno del quale si cammina per alcuni km. fino a sfociare sulla Fossa Bradanica. Di qui, dopo aver attraversato ampie distese intensamente coltivate, si percorrono alcuni km in salita per raggiungere il monastero benedettino di Picciano.