22 novembre dialogo online alla ricerca di una spiritualità laica
Le religioni sono artifici umani che servono per regolare l’accesso a quell’area di mistero che provoca nell’uomo un sentimento ambivalente di terrore e fascino. Un’area che generalmente si definisce “sacro”. Gli strumenti che le religioni utilizzano a tale scopo sono i miti (racconti favolistici, simbolici, metaforici) e i riti (gesti dalla forte carica simbolica). Le religioni così intese nascono nel Neolitico come agenzie al servizio del potere civile e delle strutture sociali emergenti. Fino ad allora l’uomo aveva manifestato una spiritualità al di fuori di organizzazioni formali e senza riferimento a divinità ben definite.
Oggi, per una serie di fattori socio-culturali, la religione – e nel nostro caso la religione cristiana – non riveste più quell’importanza e centralità che aveva nel passato nelle vite delle persone. Gran parte di coloro che si definiscono credenti ed aderenti alla religione cristiana vivono una fede irriflessa, ovvero una adesione al cristianesimo che riflette poco o nulla sui suoi contenuti. Il cristianesimo compare nelle loro vite in occasione di partecipazioni a riti (una messa domenicale, un matrimonio, …), di culti devozionali che spesso rasentano la pratica dell’idolatria (processione di un santo, …), di fasi dolorose e problematiche della vita (la malattia, la morte di una persona cara, …), dei rari momenti di interiorità (preghiera, …).
E’ alquanto inusuale la presenza di una riflessione critica sui contenuti della fede che professano: questi contenuti che hanno una veste mitologica, simbolica, metaforica sono interpretati come verità storiche incontestabili (= dogmatiche).
Quanto una presentazione dei contenuti essenziali del cristianesimo come quella che segue può ancora essere accettata dall’uomo contemporaneo?
Il cristianesimo sostiene l’esistenza – indimostrabile – di un Dio che abita oltre le galassie. Sostiene che questo Dio è tre persone in un’unica entità e che una di queste persone genera l’altra e che entrambe ne generano una terza. Un Dio che ha creato l’universo infinito e lo governa in modo millimetrico. Un Dio che esige il nostro rispetto e che ci ricompenserà o punirà. Un Dio che compie miracoli a capriccio, in favore di alcuni privilegiati candidati alla canonizzazione. Un Dio che ha mandato su questo pianeta il suo Secondo per salvare gli esseri umani facendolo generare da una giovane palestinese che nonostante il parto rimane vergine. Questo bambino, Gesù, diventato grande si è offerto di morire crocifisso per poi risorgere e fondare un’istituzione che si chiama Chiesa: per essere accolti da Dio alla fine della nostra vita terrena dobbiamo affiliarci a questa istituzione. La madre di Gesù non è morta, è salita al cielo col suo corpo ed è diventata madre della Chiesa. La Chiesa ha un capo supremo che si definisce vicario di Gesù e di Dio e perciò è infallibile.
Di seguito alcune domande, all’apparenza ingenue ed irriverenti, che potrebbero insinuare il dubbio su ciò in cui si crede:
- Se l’opera di un pugno di studiosi vissuti nel ‘500 (Copernico, Galilei, Bruno) ha appurato che l’universo non ha confini, è infinito, che non esiste una differenza di grado e di valore tra il cielo e la terra, che altri mondi potrebbero essere abitati come il nostro, ha ancora senso sostenere che Dio vive al di sopra del cielo (“Padre nostro che sei nei cieli”)?
- Se Newton nel ‘600 ha definito un metodo di spiegazione dei fenomeni naturali che esclude l’azione di forze occulte o nascoste (Hypotheses non fingo), perché ipotizzare l’intervento soprannaturale di un Dio esterno nella storia umana?
- Se Darwin nell’800 ha sostenuto che la vita si è evoluta da forme elementari a forme sempre più complesse nel corso di miliardi di anni e che lo stesso uomo derivi da primati simili a scimmie, possiamo ancora sostenere che noi siamo stati creati ad immagine di Dio?
- Se Pasteur nell’800 scoprì che germi e virus erano all’origine delle malattie, possiamo interpretare ancora la malattia come una punizione divina?
- Se Freud nel secolo scorso è riuscito a far chiarezza sulle dinamiche della nostra interiorità più profonda evidenziando il ruolo svolto dall’autorità paterna in particolare nel rafforzamento dell’attività censoria che genera il senso di colpa, può darsi che il “Dio Padre” non sia altro che una proiezione dell’autorità paterna e che il timore nei riguardi del “Dio giudice” sia la conseguenza dell’azione del senso di colpa derivante dal rafforzamento del Super-Ego?
- Alla luce della modernità, ha ancora senso parlare di un Dio pensato come un essere di potenza soprannaturale che abita sopra il cielo, a cui chiediamo il nostro pane quotidiano, l’instaurazione del suo regno sulla terra, il perdono e la protezione, da cui imploriamo misericordia concependolo come un giudice, a cui chiediamo favori e interroghiamo quando la malattia ci colpisce?
- La potenza con cui rappresentiamo Dio non racconta forse del desiderio di superare la nostra impotenza? Dio non è altro che l’uomo senza i suoi limiti? Gli attributi che gli assegniamo come infinito, onnipresente, onnisciente, immortale, onnipotente non raccontano il desiderio di superare i nostri limiti?
- Se il teismo identifica Dio in un’entità trascendente antropomorfa con cui poter entrare in relazione, dotato degli attributi che gli uomini avrebbero desiderato (longevità, conoscenza, potere, beatitudine in grado infinito), questo modo d’intenderlo non è forse una manifestazione dell’idolatria umana? Dio può ancora essere credibilmente inteso come un essere dotato di potere soprannaturale, vivente al di sopra del cielo e pronto a interferire periodicamente nella storia umana per far rispettare la sua volontà divina?
- Se l’idea dell’esistenza di un Dio al di sopra del cielo è priva di fondamento, come è possibile che questo Dio si sia incarnato in un uomo (Gesù di Nazareth = Figlio di Dio)? Questa obiezione non mette in crisi i principali assunti “dogmatici” cristologici e trinitari? Non appaiono paradossali tutti quei resoconti evangelici che riguardano il rapporto tra il Padre,il Figlio e lo Spirito Santo (ad es. il racconto del Battesimo di Gesù)?
- Se, come ormai consolidato a partire dagli studi darwiniani, il cosmo è frutto di un processo evolutivo e la vita è il prodotto di un viaggio biologico iniziato da semplici cellule apparse circa 4 miliardi di anni fa e che, quindi, non esiste una perfezione originaria e pertanto la creazione è un processo continuo mai finito, perché il mito delle origini continua a sostenere un atto creativo originale realizzatosi nella perfezione della creazione a cui ha fatto seguito un atto di disobbedienza compiuto da un essere creato (la caduta del peccato originale) che ha necessitato il salvataggio di Gesù attraverso il sacrificio della croce?
- Se nella riproduzione lo sperma dell’uomo feconda l’ovulo della donna e il risultato è una miscela delle due fonti genetiche, non verrebbe intaccata la piena divinità di Gesù se si ritiene che nel suo concepimento il seme sia stato fornito dallo Spirito Santo (divino) e l’ovulo femminile dalla Vergine Maria (umano)? Per superare questo scoglio è sufficiente la correzione apportata recentemente della concezione immacolata di Maria esentandola dal peccato originale così da evitare di trasmettere al neonato Gesù la corruzione della caduta derivante dal peccato originale? L’inseminazione da parte dello Spirito Santo non comporterebbe conseguenze paradossali come l’essere figlia di suo figlio, figlia del suo cooperatore genetico, madre di uno dei suoi tre padri?
- Nel contesto di una moderna riflessione sulla condizione umana dove il carattere di finitudine dell’uomo non costituisce una colpa ma un dato costitutivo, ha senso mantenere la dinamica colpa originaria-espiazione-perdono che costituisce il nucleo fondante dell’idea di un Dio che ha bisogno della morte del figlio per calmare la sua aggressività nei confronti degli uomini disubbidienti?
- Dall’evidenza dei fatti e dalle nostre acquisizioni scientifiche, come è possibile pensare che un cadavere si rianimi per ricongiungersi alla vita spazio-temporale del mondo (resurrezione), e poi, dopo quaranta giorni, salga nel cielo (ascensione)?
- Si può continuare a sostenere l’esistenza di Satana solo perché costituisce la spiegazione più comoda per la presenza del male nel mondo?
(spiritualità 2 – continua)
” L’essere umano, figlio degli australopitechi, cugino degli scimpanzé, costituito – come tutto ciò che esiste – da atomi formati da resti di antichissime stelle estinte, polvere di stelle organizzata in un cervello supercomplesso dotato di capacità simbolica – ha la strana capacità di immaginare ciò che non esiste, di intuire negli esseri visibili il Mistero dell’Essere invisibile, di trascendere il presente – , polvere di stelle che riflette sulle stelle, ha immaginato esseri superiori a sé, ha creato il suo creatore, e si è sottomesso a divinità a cui lo stesso ha dato vita, nella speranza di raggiungere la salvezza, la pace del cuore, l’armonia nell’intricata ragnatela di interessi personali e sociali contraddittori” (José Arregi)
- Quando: 22 novembre 2023 ore 21
- Tipologia di pratica filosofica: dialogo
- Modalità di prenotazione: con messaggio whatsapp,
20 Comments
Fare delle domande di base sugli assunti dottrinari delle religioni mi sembra necessario per stimolare la consapevolezza. Qualche dubbio nutro sul confronto tra affermazioni dei testi come il Vangelo e le moderne acquisizioni scientifiche non solo perché le conoscenze scientifiche dell’epoca erano diverse e questo non inficerebbe il significato spirituale, ma perché molte affermazioni lì contenute sono modi espressivi del tempo come la ricerca storica e archeologica ha dimostrato, che non intendono esprimere contenuti scientifici.
Purtroppo non tutti convengono sul fatto che il linguaggio religioso sia metaforico e quindi non suscettibile di una interpretazione oggettivistica. Un oggettivismo che si esprime in un realismo ingenuo sul quale vengono fondati gli assunti dottrinari. Se non viene affrontata seriamente la questione del “realismo” a nulla serviranno le lambiccate esegesi o le sofisticate traduzioni per sfuggire alla puntualità della critica razionale che mette in discussione le contraddizioni e le incongruenze delle credenze.
Con gli anni ho imparato a diffidare della mera razionalità, soprattutto quella senza ancoraggi ad una etica che le sia di sostegno/orientamento.
E mi è stata sempre indifferente la ‘fede’ che non ho mai compreso cosa significasse.
Tuttavia ho avuto modo di osservare esistenze serene/coerenti -felici persino- quando si riempivano sia di una passione conoscitiva che di un credo da servire.
Ho capito tardi -da lento e scadente osservatore- che vasto è il mondo, che esistono gli altri e sono irriducibili -e talvolta incomprensibili- nella diversità e non c’è rimedio alcuno.
Se un credente opera nella realtà producendo il bene mi è fratello. Se un non credente testimonia rispetto e amore per il prossimo lo accolgo come compagno di cammino.
Ne consegue che il criterio da adottare non è sapere in cosa ‘crede o non crede’ chi mi sta accanto, quanto piuttosto osservare le azioni che produce e il tasso di umanità che le alimentano.
Ci vuole forza per accettare il mistero -l’assurdità- della nostra esistenza e dello stesso creato e a capire che l’arma spuntata della ragione non è bastevole per afferrarne significati e ragioni.
E occorre lucidità per sapersi finiti e ‘incomprensibili’ (che inganno il linguaggio e la ragione quando si fingono potenti) senza invocare un padre -reale, fantastico o soprannaturale- che ci liberi dall’ansia e dal dolore.
L’oggetto del nostro dialogo di ricerca non dovrebbe riguardare le prassi, ma le teorie. Non le buone azioni messe in campo dai credenti che, a mio parere, non sono diverse da quelle buone messe in atto dai non credenti, e pertanto, al di là delle diverse motivazioni che possono spingere all’azione e sulle quali non ci deve essere consentito sindacare, la proficua collaborazione nell’agire tra credenti e non credenti dovrebbe essere un fatto scontato. Non dovrebbero interessarci, altresì, le cattive azioni dei credenti e dei non credenti per il semplice fatto che sono riprovevoli di per sé. In questo incontro l’oggetto del nostro dialogo di ricerca dovrebbero essere le teorie, le credenze che intendiamo sottoporre all’analisi critica della ragione. Non penso che un credente possa ritenere sacrilega l’analisi razionale dei contenuti di fede: infatti se siamo stati creati ad immagine di Dio, la nostra razionalità riflette questa immagine e di conseguenza il suo uso non può essere che legittimo. E’ chiaro che poi dovremmo definire che cosa intendiamo per “ragione” perché il rischio è che si usi lo stesso termine con significati diversi.
L’essere credente non è un esercizio di idolatria.
Faccio questa premessa per dire che non è nella ragione che si intravede la fede ma nel mistero di ciò che la ragione trova irrazionale o trascendentale.
La scienza e la ragione sono una parte del nostro essere ma se esse non sono irrorate da un visione trascendentale rischiano di essere fine a se stesse.
Quindi la religiosità è un affidarti al mistero che va oltre il visibile e diventa la spinta per la ricerca e la crescita.
Non porrei di conseguenza la nostra dialettica solo su un’analisi tra dogmatismi temporali ed evidenze scientifiche ma sui processi di rigenerazione umana e spirituale che provocano le strade della religiosità.
Il dogmatismo è frutto di potere temporale ed è una coercizione dei governi per affermare la propria forza.
Le sacre scritture della tradizione ebraica e cristina vanno viste e analizzate come un lungo percorso di amore tra il divino e l’umanità.
I tempi nuovi che si auspicano nel Vangelo sono i nostri giorni in cui noi diventiamo segno di una nuova umanità.
L’incarnazione della Verità è nelle nostre mani e nei nostri gesti.
Essere figli di Dio vuol dire vivere un amore che unisce il mistero dell’origine con la vita quotidiana.
La resurrezione è una rigenerazione umana e del creato che rinvigorisce la storia dell’umanità in una unione tra terra e cielo, tra umanità e mistero della Verità.
Nell’origine di ogni cosa lì dove non si riesce a dare un risposta razionale alle cose, dove la nostra mente naviga nell’infinito, a mio avviso, risiede il mistero dell’essere religiosi.
Io ho trovato la mia strada nel Dio che si è incarnato nell’umanità tramite Cristo.
Per altri è il mistero della particella madre, per altri è Jahvè ecc…..
Non so se sono stato chiaro, ma è estremamente difficile sintetizzare certi argomenti.
Credo che ogni individuo abbia avuto nella sua vita la possibilità della percezione del “Mistero” (uso questo termine indefinito per far riferimento all’esperienza di “un di più”, di “un oltre” che potrebbe affascinarci ma anche terrorizzarci e di fronte al quale ci sentiamo piccoli e impotenti). Esperienza del “Mistero” che facciamo quando siamo immersi nello spettacolo della Natura e ne consideriamo la sua intelligenza; quando abbiamo a che fare col mondo magmatico della nostra profondità interiore – il groviglio di emozioni, sentimenti, …-; quando sentiamo di essere più di quello che conosciamo di noi stessi; quando assistiamo ad azioni di gratuità, generosità disinteressate; … La nostra volontà di potenza cerca di impadronirsi del “Mistero” (il suo controllo è anche una forma di difesa dall’angoscia prodotta dall’ignoranza per ciò che sperimentiamo). E’ questo l’atteggiamento che certa scienza (vedi ad esempio l’atteggiamento scientista che ritiene di attribuire alle scienze fisiche e sperimentali la capacità di risposta a tutti i problemi dell’uomo), o certa religione (vedi ad esempio l’atteggiamento dogmatico che fonda la sua forza sulla convinzione che le credenze che professa abbiano una effettiva realtà) assumono di fronte al “Mistero”. Quando l’uomo non pretende di controllare e possedere il “Mistero” sviluppa atteggiamenti più rispettosi caratterizzati dall’ascolto e dallo stupore. Su questo terreno una scienza consapevole dei suoi limiti e una religione non dogmatica possono dialogare. Anzi, ritengo che nella nostra epoca – della post-modernità – caratterizzata dalla crisi della religione, quest’ultima debba manifestare un grande interesse verso le scienze per svecchiare i suoi contenuti dottrinali – il cui impianto risale al Neolitico – per soddisfare il bisogno di spiritualità attuale. Sembra strano, ma credo che l’ateismo possa fornire un grande servizio per lo svecchiamento delle religioni del Libro. Se verrà fuori il discorso ne parleremo stasera nel nostro incontro.
Facendo riferimento alla riflessione sulla colpa originaria-espiazione-perdono mi viene da collegarmi alle colpe che vengono fatte sentire all’uomo durante il corso della sua vita da parte della Chiesa e della religione cristiana. Ritengo ci sia un approccio troppo negativo verso i propri errori e condotte di vita, o comunque non utile per migliorarsi. Avere paura che ci sia un Dio a punirci non è costruttivo ed è anche inquietante. Ci vorrebbe un equilibrio tra un esame di coscienza personale e il vivere in modo sano il “senso di colpa”. Un Dio dovrebbe essere accogliente ed io voglio vederlo e lo vedo così. Il perdono rimane un grande strumento di riconciliazione e di pace verso se stessi e gli altri . Spesso solo una forza superiore riesce a donarlo. Della Chiesa e religione cristiana continuo a non accettare il senso di colpa che ancora oggi sussiste sù argomenti come la sessualità, il divorzio e la separazione anche se ci sono dei cambiamenti. Allo stesso tempo c’è bisogno anche di avere dei riferimenti da seguire oggi come oggi e che si fà fatica a trovare.
Ha ragione Simona sul fatto che la colpa ha costituito uno dei fondamenti su cui si è elevata tutta la struttura dogmatica del cristianesimo. All’origine c’è una colpa – il peccato originale – che ha offeso Dio; questa offesa viene riparata con il sacrificio di un capro espiatorio che è Gesù, suo Figlio. La teologia dell’espiazione costituisce il nucleo centrale del paradigma su cui riposa il costrutto dottrinale del cristianesimo. Ma nell’era della post-modernità ha ancora senso insistere sul paradigma caduta/redenzione? E se al posto del peccato originale mettessimo una benedizione originaria facendo iniziare la storia con l’energia creatrice di Dio, attingendo, così, alla tradizione della spiritualità del creato? (Matthew Fox)
🤔 che
significa credere?
chi è colui che crede?
È chiaramente il nostro
ego!
Perciò tutti i credi e le religioni li trovo inutili! Frutto di pura inconsapevolezza!
La spiritualità appartiene all’anima non all’io!
Inoltre lasciatemelo dire :
Non esiste un libro più violento della bibbia eppure Eppure lo chiamano testo sacro!
……..
È tempo di SVEGLIARSI SOLO ALLORA POSSIAMO PARLARE DI RELIGIONE!
MINDFULNESS significa Consapevolezza awernes al di là del io !
Paragonarla a un rosario
è un Sacrilegio!
Il peccato originale – che ha offeso Dio; questa offesa viene riparata con il sacrificio di un capro espiatorio che è Gesù, suo Figlio .
Caro Michele ti capisco!!!!
Se vogliiamo davvero confrontarci dobbiamo essere onesti neutrali imparaziali e non chiudere entrambi gli occhi con la fede i dogmi !!
Rispetto la fede di tutti ma a tutto c’è un limite !!
IO proprio le religioni e i credenti non li capisco rimango Atterrito spaventato senza parola che il Dio (DELL’AMORE)per perdonare un ipotetico peccato abbia bisogno di mandare un figlio sulla croce per perdonare l’offesa .
Scusate ma cosa c’entra Dio la spiritualità ??
Qui siamo nel campo della psichiatra!! In effetti le 2 principali religione si basano su Maometto e San Paolo i 2 grandi visionari.
In un dialogo vanno enunciate le proprie convinzioni che possono essere anche totalmente diverse da quelle degli interlocutori, però vanno sempre motivate puntualmente. Così si dà fondatezza alle proprie posizioni evitando di farle apparire degli assunti dogmatici, e si contribuisce a sviluppare un dialogo costruttivo.
Nell’incontro online di ieri sera ho accennato alle 12 tesi di John Shelby SPONG, un vescovo episcopaliano nonché filosofo e teologo morto due anni fa. Vi riporto alcuni stralci (tra virgolette le citazioni fedeli del suo scritto) relativi alla Prima Tesi, quella fondamentale su cui è costruita tutta la dottrina della chiesa cattolica. Spong affisse queste tesi alla Università di Oxford (come fece Lutero alla porta della cattedrale di Wittenberg) e ne inviò copia a tutti i leader cristiani riconosciuti del mondo, compreso il Papa.
“PRIMA TESI. Il teismo come modo di definire Dio è morto. Dio non può più essere credibilmente inteso come un essere dotato di potere soprannaturale, vivente al di sopra del cielo e pronto a interferire periodicamente nella storia umana per far rispettare la sua volontà divina. Pertanto, oggi, la maggior parte di ciò che si dice su Dio non ha senso. Dobbiamo trovare un nuovo modo di concettualizzare Dio e parlare di lui.”
Dopo aver fatto un excursus sul sapere umano dal XVI secolo ad oggi formula questa conclusione:
“Il modo in cui gli esseri umani hanno pensato a Dio nel passato è stato scosso nei fondamenti. Eppure, nelle liturgie di tutte le Chiese cristiane continuiamo a utilizzare quei concetti del passato come modello su cui è progettato il culto. Ma, intellettualmente, questi concetti sono già scartati. Perciò diciamo ancora: “Padre nostro che sei nei cieli”. Ovvero la preghiera che si rivolge a un Dio concepito come un essere di potenza soprannaturale, che abita sopra il cielo di un universo diviso in tre livelli e che, in qualche modo, si crede ancora controlli il nostro mondo. A questo Dio chiediamo ancora il “nostro pane quotidiano”, l’instaurazione del suo regno sulla terra, il perdono e la protezione. Ci avviciniamo ancora a questo Dio, concepito come giudice, in ginocchio, implorando misericordia, chiedendo favori e cercando la salute. Quando la tragedia ci colpisce, ci chiediamo ancora perché, e ci chiediamo ancora se quella tragedia sia un riflesso del desiderio di Dio di essere “puniti per i nostri peccati”. “Cosa ho fatto per meritarmi questo?” diciamo. Chiamiamo questo modo di intendere Dio “teismo”. Diciamo che coloro che non credono in questo Dio teistico devono essere “a-teisti”. Il problema, tuttavia, non è la definizione teistica di Dio piuttosto che la realtà di Dio? Il teismo come modo di comprendere Dio è ora vittima dell’espansione della nostra conoscenza. Quella definizione non ha più senso nel nostro mondo. Non c’è nessuna divinità soprannaturale sopra il cielo che aspetta di venire in nostro aiuto. Lo spazio è infinito e noi esseri umani abbiamo assunto la sua infinità. Quel linguaggio, quindi, è privo di significato. Ora, questo significa che Dio è privo di significato? Questa è la più grande domanda che deve affrontare il cristianesimo oggi. Possiamo ridefinire cosa intendiamo per Dio? Possiamo cogliere quel significato in un altro modo? Possiamo rinunciare alle nostre definizioni teistiche di Dio senza dover allo stesso tempo rifiutare la realtà di Dio? Credo che possiamo, e so che dobbiamo provarci. Se il teismo muore, Dio morirà? Se il cristianesimo, come religione, vuole sopravvivere, deve sviluppare una comprensione del divino che abbia senso nel 21° secolo. Questa è diventata la nostra massima priorità.”
“Questa divinità onnisciente è in definitiva poco più di una costruzione umana. Se la comprensione teistica di Dio è morta, allora sorge immediatamente la domanda se sia Dio a essere morto o la definizione umana di Dio. Possiamo trovare un modo per parlare di Dio con altri concetti, con altre parole, o Dio è così identificato con il nostro linguaggio teistico che muore quando muore quel linguaggio? Questa è la nostra domanda moderna. La Bibbia ha definito l’idolatria come l’adorazione di qualcosa fatto da mani umane. Il teismo è una comprensione di Dio sviluppata dalle menti umane. Il più fondamentale e ultimo può essere colto ai limiti delle mani o delle menti umane? Non ci credo. Il teismo è una manifestazione dell’idolatria umana. Quindi scartiamo il teismo come definizione creata da noi umani e cerchiamo di cambiare rotta, verso la realtà di Dio. Questo è un passo molto più rivoluzionario di quanto la maggior parte di noi possa immaginare, ma questo è il mondo in cui il cristianesimo deve imparare a vivere.”
Il mio paragonare la mindfulness al rosario si basa sugli effetti che provoca nel cervello da studi fatti. Tutto ciò che ti porta al momento presente concentrandoti sù qualcosa può rientrare nella consapevolezza, che sia concentrarsi sul respiro o sulla recitazione di preghiere. È l’interpretazione di quello che si fà che secondo me fà la differenza, e quindi sentire Dio o non sentirlo in base alla propria individualità.
Cara simona ❤️
Il rosario è un buon sonnifero ottimo per dormire!
Per intorpidire la mente l’anima lo spirito!!
La MINDFULNESS
è invece un modo un tentativo per svegliarsi per renderci conto per fare consapevolezza che non siamo l’ego non siamo (fortunatamente)
quel io che dice io!
Che dentro di noi esiste (anche)
il regno dei cieli 🤸♀️
Namaste 🙏
Bisogna prendere atto
e ne sono davvero compiaciuto che ci sono persone (come me)
le quali non credono in Dio cioè nella religioni
ma credeno nelle presenze nelle entità
ancestrali ataviche
ognuno le chiama come vuole ma sicuramente esistono forme forze energetiche che puoi invocare e comunicare!!
Queste persone spiritualmente parlando sono lontane anni luce della massa sono delle mosche bianche !!
Prendere atto che un Dio posto in un luogo o giudice al disopra di tutto è un concetto superato è un dato di fatto.
Le scoperte scientifiche e la ragione hanno dimostrato che questa iconografia è senza fondamento.
Ma allora Dio non esiste??
Per me non è così.
Ritengo che l’uomo non sia solo un individuo fatto di ragione e razionalità ma anche di pulsione trascendentale e spirituale.
Anzi immergendosi nell’irrazionale e nel non definito che si trovano le risposte importanti della vita.
Nel non definito si intravede il senso del finito.
Non so chi sia Dio o non pretendo di imporre agli altri la sua esistenza ma so che esiste l’irrazionale e l’indefinito da cui si rigenera la vita umana e del creato.
Io l’ho intravisto nel mio essere cristiano che non è un dogmatismo dottrinale ma una ricerca umana e spirituale fatta tra la razionalità e la propensione verso una vastità in cui risiede l’origine e l’essenza dell’essere vivente.
Quindi non un luogo o una entità ma il tutto che rigenera l’universo e la vita oltre la nostra ragione.
Enzo, tu dai per scontato che il concetto di Dio giudice sia superato … ma sono parole che troviamo nel Catechismo della Chiesa cattolica! Pensi che un cattolico possa apertamente mettere in dubbio i contenuti del Catechismo – che rappresenta la Summa, con parole accessibili, della dottrina della Chiesa a cui i fedeli devono aderire obbligatoriamente – senza esser tacciato di essere eretico? Il Catechismo che contiene una serie di dottrine inaccettabili per la modernità (la concezione dualista della realtà; la concezione mitica ed antropomorfica di Dio; la concezione di Dio come Trinità; un Dio che ha bisogno della morte del Figlio per riconciliarsi con gli uomini; la convinzione che la Bibbia sia un libro ispirato da Dio; …) può essere messo in discussione dal fedele all’interno della Chiesa senza che subisca ripercussioni? Gli spazi d’interpretazione dei contenuti dottrinali da parte del fedele sono molto ristretti considerata l’interpretazione letterale – ovvero i fatti sono accaduti così come raccontati – di detti contenuti operata dalla Chiesa … per il Magistero della Chiesa la Resurrezione è un fatto storico, come lo è la nascita verginale di Gesù ed altri contenuti nei confronti dei quali vorremmo esercitare una interpretazione solo simbolica e non letterale.
Poi più che parlare di “irrazionalismo” che ci condannerebbe alla incomunicabilità, io sarei propenso a parlare di una “ragione” non solamente intellettuale ma “cordiale” (alimentata dal cuore … riprendo il coeur di cui parlava Pascal), che è la ragione capace di incontrare il Mistero.
Concordo con Michele…non può esistere dialogo e soprattutto non trovi risposte alle tue domande e dubbi…mi è stato detto da un prete illuminato che devo guardare oltre le rughe della chiesa…ma l’oltre cos’è? Dov’è?… resterò Tommasina per sempre…sento l’energia come amore che crea e consola…vedo nel vangelo esigenza didattica di spiegare l’uomo e i suoi difetti…vedo in Francesco d’Assisi il rispetto per ambiente e gli animali..in questo Semplice trovo che la mia ragione trova il mistero… vabbè forse uscita fuori tema …non so…questa sono
Caro Michele,
sono davvero sorpresa e anche un po’ in difficoltà per il tuo Lavoro-Traccia per il secondo incontro di dialogo verso una spiritualità laica…
Sinceramente mi sarei aspettata un altro incipit per avviare questo percorso comune di ricerca, un cominciare che potesse fare il primo passo non su quello che separa i non credenti dai credenti (come già dicevo “ma oggi ha ancora senso questa distinzione?”) ma da quello che unisce profondamente e indelebilmente ..
Tu poni subito argomenti che mettono potentemente in dubbio con assiomi razionali e scientifici non tanto le religioni (soprattutto quella cristiana/ cattolica) ma i temi stessi di fede.
Pensi che sia veramente interessante e, direi di più, fecondo intraprendere un confronto a partire dalla messa in discussione dell’identità etica e religiosa di chi – pochi in verità nel gruppo, quindi la minoranza – afferma di avere una relazione di fede con un assoluto (Dio?) che dà significato e senso alla propria personale esistenza improntando scelte valori visione del mondo e pratica politica ad essa?
Cosa ne può derivare? un dialogo (per me prevalentemente ascolto) o dibattito per avviare una contrapposizione delle diverse posizioni?
Cosa ci lascerà questo percorso soprattutto arricchimento nella scoperta di quanto sentita e sofferta sia la ricerca di ciascuno di noi verso una vita interiore profonda autentica o la conoscenza di quanto infondate non scientifiche dogmatiche possano essere alcuni argomenti di fede?
Quest’ultima per me è soprattutto esperienza, relazione, mistica cioè proprio l’opposto del ragionamento .. !!
Ti scrivo personalmente perchè non vorrei essere andata fuori da quelli che erano gli obiettivi da te prefissati di questo gruppo .. Valuta tu se pubblicare o no questo scritto .. Mi fido di te!!
Intanto ti saluto con stima e sincera gratitudine
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Cara Miriam,
l’intento di questi incontri online era – ne parlo al passato perché li abbiamo ormai terminati anche se la ricerca continua per ognuno dei partecipanti – quello di ricercare insieme, attraverso un dialogo costruttivo e rispettoso delle convinzioni di ognuno, la possibilità di vivere una spiritualità significativa nell’epoca della modernità, una spiritualità che fosse il più inclusiva possibile (questo era il senso dell’aggettivo “laica” riferito a spiritualità).
Il “rispetto” delle convinzioni altrui non ci esime da una riflessione critica su di esse. Per “critica” intendo la messa in discussione di dette convinzioni attraverso argomentazioni logiche e razionali. Se la critica si fonda sulla forza della ragione e non sulle ragioni della forza dovrebbe essere sempre auspicata – dalle parti in dialogo – per emendarsi dagli eventuali errori.
Vivere una spiritualità moderna non implica la rinuncia all’uso della ragione che – come più volte abbiamo avuto modo di chiarire nei nostri incontri – non coincide con la razionalità scientifica e tecnica, ma include in sé capacità che, spesso genericamente, noi identifichiamo con ciò che chiamiamo “fede”. Se, poi, ci piace mantenere questo termine, credo che sia più appropriato parlare di una fede filosofica.
Quindi – come potrai inferire da queste precisazioni – l’intento della nostra ricerca non era quello di trovare dei compromissori punti di accordo tra credenti e non credenti dove ognuno, rimanendo fermo sulle proprie posizioni, sigillava un’unione tra diversi (a che fine poi?), ma – lo ribadisco – il tentativo di costruire la possibilità di una moderna spiritualità laica.
Mi piace terminare citandoti “l’avviso al lettore” che il prete Bruno Mori scrive all’inizio di un suo recente volume dal titolo forse disturbante per orecchie delicate: “Per un cristianesimo senza religione”
“Se sei un cristiano praticante e cattolico; se ti senti bene e a tuo agio nella Chiesa cattolica; se sei soddisfatto della sua struttura, dei suoi dogmi, delle sue dottrine e dei suoi riti; se non hai dubbi sulla tua fede e se non sei mai stato tentato di mettere in discussione i contenuti delle tue convinzioni religiose; se non senti il bisogno di dare loro una base razionale più solida; se trovi nella tua fede tutto ciò di cui hai bisogno per dare senso alla tua esistenza, per nutrire la tua spiritualità e per realizzare una relazione amichevole e appagante con Dio e con il tuo prossimo; se pensi che la tua religione ti aiuti a vivere una vita più felice e più serena e, un giorno, a lasciare questo mondo con fiducia e in pace; se non senti alcun bisogno di essere cristiano in modo differente e di credere diversamente; se sei questo tipo di cristiano e di credente … allora non incominciare la lettura di queste pagine: questo libro non è per te!”