il mistero nel cosmo?
25 Novembre 2023
spiritualità in pratica
8 Dicembre 2023

una spiritualità laica?

6 dicembre dialogo online alla ricerca di una spiritualità laica

L’uomo rappresenta il culmine del processo evolutivo del cosmo durato 13 miliardi e mezzo di anni. Questo essere si distingue per lo sviluppo della dimensione del pensiero volto alla ricerca della spiegazione, per la sua attività spirituale capace di percepire la sua interiorità ed entrare in dialogo con essa per cercare il senso.

Dai dati archeologici in nostro possesso, per almeno 70 mila anni – il periodo più esteso della nostra storia spirituale –  l’uomo ha vissuto come un tutt’uno col cosmo.  Ha praticato una spiritualità centrata sulla natura. Essa costituiva il suo orizzonte: ventre dal quale nasceva, madre nutrice e luogo a cui faceva ritorno. Il sole e la luna, il giorno e la notte, i venti e le nuvole, i lampi e i tuoni, le montagne e i boschi, le piante e i fiori, le rocce e le caverne, la pioggia e le sorgenti, i fiumi e gli oceani,  il mondo degli animali, Tutto era percepito pieno di un’anima vivente e di un potere misterioso. Tutto era permeato da un’Energia potente ed amorosa che sosteneva, proteggeva, muoveva tutte le cose; un flusso di onde che pervadeva ed animava il Tutto. Nelle antiche spiritualità indigene e tribali è frequente il concetto di Grande Spirito. La spiritualità dell’uomo coincideva con la sua capacità di entrare in sintonia col movimento dello Spirito che pervadeva il cosmo in cui l’uomo si percepiva come parte del Tutto.

Fino a circa 6.000 anni fa non esisteva alcun theos (dio). I cambiamenti sono avvenuti in concomitanza delle grandi invasioni dei popoli nomadi sub-siberiani nel bacino del Medio Oriente. E’ il periodo della rivoluzione agraria e della sedentarizzazione  di questi popoli. Le capacità immaginative e creative proprie dell’essere umano vanno sviluppando l’idea di un fondamento che regga il tutto. Nascono le prime creazioni religiose con al centro figure potenti, gli déi, spirituali e maschili, che comportano la detronizzazione della natura, ormai spogliata del suo carattere divino e ridotta alla categoria di semplice materia utilizzabile. Complice anche l’affermazione di una visione dualistica che oppone cielo e terra, spirito e materia, sacro e profano.

In questa fase in cui aumenta la complessità delle società, in cui i ruoli si specializzano, c’è bisogno di miti, leggi, capi, autorità, funzionari incaricati di trasmettere gli ordini del signore, guerrieri impegnati a difendere e conquistare; c’è bisogno degli déi per dare coesione e legittimare la convivenza ordinata e gerarchizzata, déi che configurano la religione come un sistema di credenze, di riti, di norme, diretto e controllato da un corpo sacro “sacerdotale” considerato rappresentante della divinità. Le religioni cristallizzano la spiritualità in forme sociologiche: edifici sacri, gerarchie, codici canonici. Nei primi millenni dell’età dei metalli, in centinaia di culture compare l’idea della divinità come Essere onnipotente, onnisciente e morale. E’ la diffusione del teismo.

Si registrano, comunque, in diverse religioni e filosofie, tentativi tesi a recuperare quell’aspirazione che caratterizzava la spiritualità originaria, ovvero la tensione verso l’Uno, l’unità con la natura, l’unità con gli esseri umani. E’ il periodo che Jaspers definisce tempo assiale (800 – 200 a.C.) in cui emergono figure come Anassimandro, Eraclito, Parmenide, Buddha, Lao-Tzu. Si registrano spiragli critici nella religione teista, aprendo prospettive per una spiritualità trans-teista. Aperture che si susseguono sporadicamente fino ai nostri giorni e che anticipano l’epoca del post-teismo, ovvero della rinuncia a determinate configurazioni o immagini della divinità come ci sono state tramandate dalle religioni storiche e il riconoscimento del Mistero innominabile nella consapevolezza che l’incomprensione non ci abbandonerà mai.

Del resto la verità di questa tesi è rintracciabile nella stessa etimologia della parola “Dio“. Se la radice sanscrita “dv” rinvia a bagliore, splendore e la radice germanica “god” rinvia a chiamare, invocare, il termine potrebbe mai indicare un oggetto, una cosa tra le cose intrappolata in formule, dogmi e concetti che pretendono di definirne l’essenza e la natura? O piuttosto rinvia ad una esperienza, ad un accadimento, a quello del Mistero di fronte al quale non si può dire e si rimane senza parola, all’enigma che provoca smarrimento? All’Essere che seppur indefinibile, impercettibile, indistruttibile costituisce l’essenza del mondo?

Il ritorno ad una spiritualità antica, cosmocentrica, precedente ogni religione, non è richiesto anche dagli sviluppi della fisica quantistica che, indebolendo la tradizionale distinzione tra materia e spirito di cui si è nutrita la fisica meccanicistica, colpisce quell’antropocentrismo responsabile, nei secoli, dell’asservimento della Terra, degradata a materia dall’uomo, essere spirituale?

Se l’Universo è inteso non come insieme di oggetti legati da relazioni meccaniche, ma come una rete di eventi interrelazionati dove il Tutto è più della somma delle parti, dove il Tutto è in ogni sua parte; se si considera la capacità di auto-organizzazione, di auto-regolazione che si riscontra in ogni componente dell’Universo, non siamo indotti a pensare ad una sorta di intelligenza connaturata alle cose che farebbe cadere la tradizionale distinzione tra materia e spirito? non farebbe pensare ad una forza, ad un’energia, ad uno spirito che anima ogni componente dell’Universo?

Nell’ottica cosmocentrica e coerentemente con gli sviluppi delle scienze, Dio potrebbe essere  identificabile con quell’energia creativa che è la sostanza della vita e la fonte di ogni possibilità? Con quel flusso di onde che pervade ed anima ogni cosa?

(spiritualità 4 – continua)

“La spiritualità é la ricerca di qualcosa di reale e significativo, qualcosa che dia senso alla vita. Si tratta di vivere a partire dal profondo di se stessi e non dalla superficie delle cose, a partire dal proprio vero Sé e non dal proprio personaggio” (Matthew Fox)

  • Quando: 6 dicembre 2023
  • Tipologia di pratica filosofica: dialogo
  • Modalità di prenotazione: con messaggio whatsapp,

7 Comments

  1. Gino ha detto:

    Non ho mai avuto fede per la semplice ragione che non ho mai capito cosa potessero significare parole come ‘dio’, ‘anima’, ecc.
    Questo altro processo oscuro che va sotto il nome di ‘evoluzione’ ci porta a definire, grazie al linguaggio, parole di cui ignoriamo il senso e la portata: ‘veritá’, ‘tempo’, ecc.
    Resta questo strumento spuntato e provvisorio che chiamiamo convenzionalmente ‘ragione’ e che consente di analizzare i fenomeni, inquadrarli nel tempo, ipotizzare significati, ecc.
    Per quanto raffinato sia il personale bagaglio esperenziale e culturale di ognuno resta l’enigma come sfondo, l’ignoto come approdo, l’indicibile come compagno di strada.
    Che non sia più sensato evitare di impatanarsi in queste ricerche astruse e irrisolvibili e consegnarsi inermi ai bisogni umani e prosaici di produrre armonia, alimentare fiducia, evitare il dolore, nutrire speranze, accettare la nostra finitezza . .

  2. Simona ha detto:

    Ritrovo spiritualità nella natura e l’uomo senza rendersene neanche troppo conto è richiamato da essa visceralmente. Banalmente basta pensare ai luoghi dove la maggiorparte di noi trascorre le vacanze, mare o montagna, due luoghi dove anche l’uomo più tecnologico sente il bisogno di esservi, e non si tratta solo di rilassarsi ma di raggiungere posti che sono lì a disposizione per tornare a sentirci un tutt’uno con la natura.

  3. Giovanni ha detto:

    I miti i rituali le religioni non vanno presi alla parola e spesso considerati come un presunto evento storico.
    Essi sono realtà presenti nel inconscio di tutte le persone!
    (Gli archetipi dell’inconscio collettivo)
    Per esempio
    attraverso il mito dell’Immacolata Concezione o della trinità che non è solo cattolico

    non si tramanda un fatto storico
    ma piuttosto si alluda a una condizione spirituale presente in tutti noi!
    Anche la Terra Promessa
    non è un luogo geografico, bensì dell’anima.

  4. Vincenzo ha detto:

    ✍ CARLO ROVELLI: “Perché non credo in Dio”
    “Diverse persone mi hanno chiesto perché dico che non credo in Dio. Ecco la mia risposta.

    A me non piacciono quelli che si comportano bene per paura di finire all’inferno. Preferisco quelli che si comportano bene perché amano comportarsi bene.

    Non mi piacciono quelli che sono buoni per piacere a Dio. Preferisco quelli che sono buoni perché sono buoni.

    Non mi piace rispettare i miei simili perché sono figli di Dio. Mi piace rispettarli perché sono esseri che sentono e che soffrono.

    Non mi piace chi si dedica al prossimo e coltiva la giustizia pensando in questo modo di piacere a Dio. Mi piace chi si dedica al prossimo perché sente amore e compassione per le persone.

    A me non piace sentirmi in comunione con un gruppo di persone stando zitto dentro una chiesa ascoltando una funzione. Mi piace sentirmi in comunione con un gruppo di persone guardando i miei amici negli occhi, parlando con loro, e guardando il loro sorriso.

    Non mi piace emozionarmi davanti alla natura perché Dio l’ha creata così bella. Mi piace emozionarmi perché è così bella.

    Non mi piace consolarmi della morte pensando che Dio mi accoglierà. Mi piace guardare in faccia la limitatezza della nostra vita e imparare a sorridere con affetto a sorella morte.

    Non mi piace chiudermi nel silenzio e pregare Dio. Mi piace chiudermi nel silenzio e ascoltare le profondità infinite del silenzio.

    Non mi piace ringraziare Dio: mi piace svegliarmi al mattino, guardare il mare e ringraziare il vento, le onde, il cielo e il profumo delle piante, la vita che mi fa vivere, e il sole che si alza.

    A me non piacciono quelli che mi spiegano che il mondo l’ha creato Dio, perché penso che non lo sappia nessuno di noi da dove viene il mondo; penso che chi dice di saperlo si illude; preferisco guardare in faccia il mistero, sentirne l’emozione tremenda, piuttosto che cercare di spegnerla con delle favole.

    A me non piacciono coloro che credono in Dio e così sanno dove sta la Verità, perché penso che in realtà siano ignoranti quanto me. Penso che il mondo è per noi ancora uno sterminato mistero. A me non piacciono quelli che conoscono le risposte. Mi piacciono di più quelli che le risposte le cercano, e dicono «non so».

    Non mi piace chi dice di sapere cosa è bene e cosa è male, perché sta in una chiesa che ha il monopolio di Dio, e non vede quante diverse chiese esistono al mondo. Quante morali diverse, e ciascuna sincera, esistono al mondo.

    Non mi piace chi dice a tutti cosa tutti devono fare, perché si sente forte grazie al suo Dio. Mi piace chi mi dà suggerimenti sommessi, chi vive in un modo che mi stupisce e ammiro, chi fa scelte che mi emozionano e mi fanno pensare.

    Mi piace parlare agli amici, provare a consolarli se soffrono. Mi piace parlare alle piante, dare loro da bere se hanno sete. Mi piace amare. Mi piace guardare il cielo in silenzio. Mi piacciono le stelle. Mi piacciono infinitamente le stelle.

    Non mi piace chi si rifugia nelle braccia di una religione quando è sperso, quando soffre; preferisco chi accetta il vento della vita, e sa che gli uccelli dell’aria hanno il loro nido, ma il figlio dell’uomo non ha dove posare il suo capo.

    E siccome vorrei essere simile alle persone che mi piacciono, e non a quelli che non mi piacciono, non credo in Dio.”

    Carlo Rovelli

    Sembra strano ma in queste parole esplicitano la mia spiritualità e il mio essere cristiano.
    Può sembrare un paradosso ma nn lo è così!
    L’affermazione ” il figlio dell’uomo dove non sa posare il capo” rappresenta la tensione e lo stupore che si assapora accostandosi all’inspiegabile, all’infinito che per me è quel Dio che ogni giorno diventa umanità, bellezza da ammirare tramite la madre terra e mistero nell’universo.

  5. Giovanni ha detto:

    Dio è la vita l’esistenza!
    Non puoi credere all’esistenza perché è !!!
    Perciò tutto questo discutere sulla fede sui credi sulle teologie filosofie è soltanto un farneticare un delirio
    del io , che crede che l’esistenza l’universo sia fatta a sua immagine e somiglianza :
    È incredibile che si possa pensare a una assurdità del genere!!!

  6. michele de pasquale ha detto:

    Gino ha così risposto alla mia sollecitazione di pubblicare un testo comprensibile che ci spiegasse cosa fosse l’omeostasi a proposito della capacità di auto-regolazione della natura.

    Premesso che: 1) il termine “omeostasi” fu coniato da Walter Cannon nel 1932, che nel suo libro ‘La saggezza del corpo’ lo definisce come la capacità corporea di mantenere la stabilità richiesta “affinché la vita e la salute possano continuare”; 2) con questo termine oggi si indica in biologia la capacità di un organismo vivente di autoregolarsi mantenendo costante l’ambiente interno pur nel variare delle condizioni che riguardano l’ambiente esterno, l’omeostasi (pronuncia “omeòstasi” (con l’accento sulla seconda o, deriva da due parole greche ὅμοιος e στάσις che significano “posizione uguale”) è la tendenza naturale al mantenimento di un relativo stato di equilibrio interno delle proprietà chimico-fisiche di un qualsiasi organismo vivente. I meccanismi omeostatici nella fisiologia umana sono necessari per il mantenimento della vita perché permettono di mantenere alcuni parametri dell’organismo entro limiti accettabili anche al variare delle condizioni esterne, attraverso precisi meccanismi autoregolatori. Ad esempio l’omeostasi permette di mantenere la temperatura corporea sempre a livelli ottimali di circa 36°C, anche se la temperatura ambientale è molto più bassa (entro certi limiti).

    Il sistema omeostatico si basa su quattro principali componenti, che assieme prendono il nome di meccanismo a feedback, cioè retroazione o anche reazione o risposta. I quattro componenti sono tutti necessari, in quanto il loro lavoro è sinergico e dipende dalla collaborazione e dal corretto funzionamento di tutti loro, che sono: 
    – stimolo: è il cambiamento nell’equilibrio dell’organismo. Ad esempio il picco glicemico che si verifica dopo un pasto, o l’abbassamento della temperatura corporea quando l’organismo è esposto al freddo, o la diminuzione della tensione di ossigeno nel sangue; 
    – recettore: ha il compito di percepire le condizioni esterne e interne, ad esempio la temperatura, la pressione arteriosa, la concentrazione di una data molecola nel sangue; 
    – centro di controllo: riceve l’informazione dal recettore, confronta tale valore con quello ottimale e decide come comportarsi, mettendo in funzione sistemi per aumentare lo specifico valore se è troppo basso o per abbassarlo se troppo alto. Il sistema nervoso, nella sua interezza, è il livello più elevato di controllo sull’omeostasi;
    – effettore: esegue quello che gli viene ordinato dal centro di controllo. Una ghiandola endocrina è un esempio di effettore, che rilascia ormoni specifici in risposta all’ordine ricevuto dal centro di controllo.

    In generale tutti gli ormoni del corpo sono splendidi esempi, con i rispettivi assi ormonali, di meccanismi a feedback che si autoregolano, come l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi in cui l’aumento di testosterone va a diminuire gli ormoni a monte che ne determinano il rilascio.

    In Biologia (la fisiologia umana ne è solo un precipitato parziale, di grande interesse perché la omeostasi è alla base del concetto di malattia!) la riflessione sistemica ha sempre interessato le menti più raffinate. Pensate a Darwin -fino alla Sintesi Moderna e all’Epigenetica- con la teoria della Evoluzione, oppure al testo esemplare ‘Il caso e la necessità’ di Jacques Monod. La conclusione è che -come allo origini del pensiero greco- ogni riflessione filosofica -compresa la spiritualità- non può fare a meno della elaborazione scientifica del suo tempo, pena il suo evolversi verso una formulazione fantasiosa che sconfina nell’onirico e/o nella libera creazione artistica (le religioni tutte). Oggi in concetto di omeostasi -feedback- trova applicazioni in ecologia (ambienti naturali), in sociologia (stabilità sociale), in psicologia (resilienza), in economia, ecc. Sospetto che bisognerebbe educarsi -con le mente e le emozioni- a tenere insieme i tanti termini che seguono: Omeostasi – Feedback – Cambiamento – Limite – Finitezza – Sistema – Relazioni – Complessità – Diversità – Cultura/e – Enigma – Mistero – Dubbio – Creatività – Poesia – Musica – Natura – Tempo – Storia, ecc., trovando gioia nell’Ascolto/Confronto e nell’Interrogarsi continuo e curioso -e senza approdi definitivi- che restano le uniche attività che definiscono propriamente il Genere Umano.

  7. michele de pasquale ha detto:

    Ripropongo la differenza tra termini che spesso usiamo in maniera indifferente; il loro corretto significato potrebbe evitarci una serie di equivoci nel nostro dialogo:

    – SPIRITUALITA’: riferimento ad un’area oltre le esperienze della vita quotidiana capace di dare un senso unitario alla mia biografia; la spiritualità si muove in quello spazio di conoscenza tesa a scoprire il senso di sé, del mondo, del mistero

    – RELIGIOSITA’: riferimento a chi – all’interno di una spiritualità – ammette una qualche forma di divino, di sacro; la religiosità è una delle modalità in cui può manifestarsi la spiritualità

    – RELIGIONE: riferimento a chi decide di vivere la propria religiosità all’interno di un gruppo in cui si condividono credenze e pratiche.

    Quindi tutti gli esseri umani possono vivere una SPIRITUALITA’; una porzione di questi possono declinarla in senso RELIGIOSO; una porzione di questi ultimi possono decidere di appartenere ad una determinata RELIGIONE.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.