Sentiero Italia: da Venosa (gps 40.96466, 15.82279) a Spinazzola (gps 40.96939, 16.08908)
Lunghezza del percorso km 31,7; guadagno/perdita in elevazione 1.380 / – 1.348 metri; quota massima: 496 metri, quota minima 361 metri.
Centri attraversati: Venosa, Palazzo San Gervasio, Spinazzola.
Cena a Spinazzola: Borgo Saraceno (0883 684225). Pernotto: B&B Blue Moon (347 623 2704).
21 ottobre. Riprendo il mio cammino sul Sentiero Italia in Puglia da dove avevo lasciato a giugno. Da Venosa. Il clima sociale è cambiato. Si respira la paura del virus. Quasi tutti hanno la mascherina e le poche persone in giro circolano veloci. Si guarda con sospetto chi non si conosce: potrebbe essere infetto ed infettare. L’evoluzione della pandemia è davvero preoccupante: il numero dei contagiati e dei morti aumenta giorno per giorno. La socialità degli individui è colpita gravemente. E colpire la socialità significa ferire l’essenza dell’individuo se è vero che esso è essenzialmente un animale politico, come lo definiva Aristotele.
Il clima cambia radicalmente appena esci fuori dalla città. Nel grande spazio della natura togli la mascherina e respiri a pieni polmoni l’aria fresca del mattino. Il sole che splende e l’ossigeno rivitalizzano il corpo. Il covid non fa più paura. I grandi spazi ti consentono di avere incontri a distanza di sicurezza e il timore dell’infezione si indebolisce. E’ quello che provo stamattina uscendo da Venosa e camminando sul bel tracciato erboso sotto cui viaggia la condotta del Sele dell’Acquedotto Pugliese in direzione di Palazzo San Gervasio. Si passa per il Vallone Isca Lunga, per il grazioso bosco di roverelle di Pantano, si prosegue per le Castellane.
Questo terrapieno rialzato o a livello del terreno è uno stretto nastro di 3-4 metri di proprietà dell’Ente Acquedotto Pugliese (una proprietà, quindi, non aggredibile dai privati) che in un territorio come la Puglia centrale fortemente antropizzato (intensa rete di strade asfaltate e proprietà private) costituisce una fortuna per i camminatori. Si possono percorrere decine e decine di chilometri senza toccare asfalto muovendosi nell’interno della Puglia. Un nastro di terra che non può essere seminato o piantato inglobandolo nel processo produttivo. La differenza si nota al primo sguardo: la fascia erbosa del sentiero che contrasta con la terra scura appena arata. Uno spazio destinato al piacere dello sguardo e alla bellezza del camminare contro gli spazi circostanti destinati alla produzione e al profitto.
E rifletto sul covid a partire da queste considerazioni. L’assembramento delle città è richiesto dalle esigenze della produzione: i lavoratori devono essere concentrati nelle fabbriche, negli uffici, … Tenendoli vicini sono controllabili. Bisogna controllarli per rendere efficiente il processo produttivo (come insegnava Taylor). Devono lavorare negli stessi orari, devono prendere i mezzi di trasporto negli stessi tempi … Insomma ad un modello di sviluppo economico come quello del capitalismo liberale è connaturato l’assembramento. E il covid va a nozze con la massificazione.
La conclusione sembra ovvia: solo cambiando il nostro modello di sviluppo avremo speranza di sconfiggere il covid. Ma siamo disposti ad abbandonare il nostro modello di sviluppo? Dobbiamo interpretare il lavoro agile, la didattica a distanza, la chiusura delle attività come tentativi di cambiamento? O piuttosto come tentativi di attenuazione degli aspetti più favorevoli alla pandemia? Più che contenere un certo modello per consentirci di superare la crisi, non è forse giunto il momento di cominciare a pensarne uno nuovo? Come? Non è facile rispondere. Si devono cominciare a percorrere strade diverse e può darsi che questi percorsi contribuiscano a farci cambiar testa. Solo delle teste diverse possono pensare un modello nuovo. Una strada diversa potrebbe essere quella di questo acquedotto: camminare coltivando il piacere, guardare e gustare la bellezza, allentare la preoccupazione del profitto, convertire i nostri bisogni, educarci all’essenziale, …