27 febbraio camminata filosofica e dialogo sulla felicità
Felicità non è una parola che usiamo spesso. Chiediamo se si è goduto, se si è soddisfatti, se si è contenti, difficilmente se si è felici. Forse perché pensiamo che il livello d’intensità che caratterizza la sensazione della felicità sia così alto da non poterlo identificare con quelle esperienze di godimento, più modeste, che normalmente facciamo, anche se dalla loro hanno una durata nel tempo.
La sensazione di felicità ha la natura dell’attimo: giunge inattesa ed in modo altrettanto inatteso svanisce. Si viene lambiti dalla felicità: essa balena e sparisce. E rimane il ricordo della sensazione dell’attimo in cui ci siamo sentiti felici. Ma noi vorremmo che quello stato di grazia durasse nel tempo.
L’esperienza che ci porta più vicini allo stato di felicità è quella del godimento frutto del piacere. Ma anch’esso nella sua intensità dura un attimo. Però è pur vero che un’esperienza intensa non può che esser breve perché, forse, non reggeremmo all’eccesso di vivere la nostra vita con questa continua intensità . Dobbiamo convincerci, allora, che l’intensità mal si concilia con la durata? O forse dovremmo trovare un compromesso dove per assicurarci una continuità nell’esperienza dobbiamo accettare una diminuzione d’intensità?
E se la felicità più che una sensazione puntuale fosse uno stato? La felicità potrebbe venir a coincidere con la soddisfazione intesa come l’andare oltre il semplice godimento perché ci si orienta in una dimensione di completezza, di totalità, di durata? Un tentativo di andare oltre “i piaceri forti che impediscono all’uomo di pensare, e per ciò stesso impediscono all’uomo d’essere davvero uomo, dal momento che la vita della mente è ciò per cui gli uomini si differenziano dalle bestie” (Natoli)?
La felicità, quindi, diventa una condizione che ha a che fare col gioco della nostra mente, che come ci ricorda Aristotele costituisce la natura autentica dell’uomo. Forse ha a che fare con quell’arte di vivere che è la continua definizione del confine all’interno del quale è possibile esplicare le nostre potenzialità, cercando di non oltrepassarlo perché è solo grazie a questo limite che le nostre potenzialità acquistano forma.
Rifletteremo e ci confronteremo su queste dinamiche della nostra vita nello scenario della faggeta di Valle Ragusa nel territorio di Monte Sant’Angelo. In questo cammino ci aiuteranno alcuni filosofi: Tatarkiewicz, Aristotele, Stuart Mill, Russell.
“Su cosa sia la felicità vi è disaccordo, e la massa non la intende nello stesso modo dei sapienti, dato che i primi credono che sia qualcosa di tangibile ed evidente come il piacere, la ricchezza, l’onore … ” (Aristotele, Etica nicomachea, I)
Informazioni utili
Come arrivare al luogo di ritrovo: San Giovanni Rotondo, piazzale antistante il cimitero (coordinate gps 41.704989, 15.741394). Per chi parte da San Severo appuntamento alle ore 8,30 presso il distributore di benzina sulla via per San Marco in Lamis a 250 metri dall’ingresso principale del cimitero
Cosa portare: scarpe da trekking (in alternativa scarpe comode con una buona suola grippata), abbigliamento comodo per camminare, zaino, k-way, felpa. Si raccomanda di dotarsi di uno sgabello portatile (facile da trasportare a tracolla o nello zaino) per le attività filosofiche che richiedono una posizione comoda: sgabello a tre gambe oppure sgabello pieghevole.